Piccola ed elegante cittadina, adagiata su una collinetta verdeggiante, attorniata da una fertilissima campagna, affinata dalle tipiche costruzioni dei trulli. Un breve percorso in un suggestivo labirinto di bianchi vicoli sovrastati da archetti, dona la possibilità di ammirare alcune delle varie bellezze artistiche dello splendido nucleo antico, iniziando dalla antica Chiesa Madre, dedicata a S. Nicola, e proseguendo alla ricerca di alcuni pregevoli palazzi (Palazzo del Governatore, Palazzo Baronale). Uscendo dal caratteristico abitato, degno di una breve sosta è l'imponente dolmen situato presso la Masseria Ottava. |
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STORIA
La leggenda vuole che Cisternino tragga la sua denominazione dal mitico fondatore eponimo chiamato Sturnoi, compagno di Diomede. Sturnoi, dopo aver partecipato alla lega messapica contro Taranto, divenne centro Romano e si chiamò Sturninum e probabilmente fu distrutto nel 216 a. C., durante le scorrerie di Annibale in Puglia, a causa delle invasioni barbariche. I monaci basiliani, venuti dall'Oriente nell'ottavo secolo, notarono in queste contrade le rovine dell'antico centro e ad esse si riferirono quando, volendo localizzare la badia di rito greco da essi edificata proprio dove oggi sorge la chiesa matrice, la indicavano come "San Nicolò cis-Sturninum". Attorno alla badia greca sorsero le prime case di agricoltori, di pastori e di artigiani e si formò così il casale di Cisturninum, nominato per la prima volta in una bolla del 1180 che il Papa Alessandro III° inviò a Stefano, vescovo di Monopoli, confermando l'appartenenza "ecclesiam Santi Nicolai de Cisternino cum Casali suo, ecclesiam S.Maria de Berni cum casali suo", alla Mensa Vescovile Monopolitana.
Non si è mai saputo come Cisternino sia passata ai vescovi di Monopoli, ma fu certamente conseguenza della secolare lotta tra la chiesa di rito greco e quella latina. Intorno al 1330 Cisternino fu venduta simoniacamente dal vescovo Pasquale Brigantino a Princivalle di Santacroce, nobile monopolitano. Per un secolo Cisternino ebbe baroni civili e nella prima metà del 1400 troviamo suo barone il monopolitano Nicola Indelli; in questo periodo la cittadina fu cinta di mura, inframezzate da torri cilindriche e quadrate. Nel 1463, quando Ferdinando I° d'Aragona venne in Puglia per soffocare la ribellione di Giovanni Antonio Orsini, Principe di Taranto, il vescovo di Monopoli, Manfredi, lo raggiunse presso Ruvo e chiese, fra l'altro che Cisternino tornasse ad appartenere alla Mensa Vescovile. Ferdinando, avendo in quel momento bisogno di alleati, concesse al vescovo Manfredi la baronia del casale. Nel 1495, Cisternino fu conquistata dalla Serenissima Repubblica di Venezia, che la tenne, fino al 1528, quando fu acquisita dagli Spagnoli.
In quel tempo troviamo il nobile di Spagna, Galeotto Fonseca, barone di Cisternino. Il malgoverno parte, la oppressione fiscale del vescovo dall'altra, fecero trascorrere anni di tormento e di miseria alla popolazione che imparò ad apprezzare la libertà. Fu per questo che ogni moto antifeudale trovò i cittadini di Cisternino in prima fila. Nel 1647, seguendo l'esempio di Masaniello a Napoli, insorsero contro il vescovo-barone e bruciarono la sua residenza. Nel 1799 fu cittadella democratica ed accolse i familiari dello scrittore Ignazio Ciaia, presidente della Repubblica Partenopea. Un altro figlio di Cisternino, Nicola Semeraro, capo del nucleo repubblicano di Francavilla Fontana, fu trucidato in quella città dai realisti. Nel 1820 attivissima era la Vendita Carbonara di Cisternino che annoverava una ottantina di aderenti fra religiosi, professionisti ed artigiani. Fu Giuseppe Capece di Cisternino ad innalzare sul forte di Brindisi la bandiera tricolore, dopo aver lacerato il vessillo borbonico. Successivamente fu creato un nucleo mazziniano, aderente alla "Giovane Italia". Nel 1848, quando il governo borbonico, ligio all'Austria, si apprestava a chiamare alla armi la popolazione, Cisternino insorse ed impedì che si procedesse alle operazioni di leva.